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Autore Topic: Piccola storia di inumana sanità pubblica  (Letto 7762 volte)
ciocchetto
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« il: Dicembre 22, 2010, 13:21:15 »

Come avrete già letto in un altro thread, domenica scorsa mio padre è deceduto a seguito delle conseguenze di una gravissima emorragia cerebrale, dopo una settimana di degenza in rianimazione. Non voglio annoiarvi con l'ennesimo caso di malasanità, perché in questo caso per la gravità e il tipo della malattia occorsa non ci sarebbe purtroppo stata soluzione. Voglio però parlarvi delle conseguenze, vissute sulla pelle sia dei malati che di chi li assite, a cui portano certe scelte prettamente politiche fatte sulla sanità.
Mio padre si è sentito male sabato mattina, intorno alle 10.30: chiamato il 118, in meno di 15 minuti l'ambulanza della CRI di Capodimonte (con personale volontario) è arrivata a casa, ha prestato le prime cure e le valutazioni del caso, e in meno di un'ora mio padre era al pronto soccorso di Belcolle.
L'affollamento del pronto soccorso e la codifica in codice giallo del caso ha fatto sì che fino alle 13 non avesse una visita, per cui mio padre, ancora vigile e lucido, è stato lasciato sul lettino, privo di ogni contatto con noi che nel frattempo eravamo già lì, senza sapere che fine dovesse fare: stiamo parlando di un caso di presunta ischemia, ipotizzata non solo da noi familiari che conoscevamo i problemi di mio padre, ma anche dai VDS che sono intervenuti.
Alle 14 circa riesco a entrare, dopo diversi solleciti al mastino (unico, perché era un giorno prefestivo) messo di guardia all'ingresso, e a sapere che stavano facendo la TAC per valutare l'entità del danno. Alle 14.30 vengo finalmente a contatto col primo medico, che conferma la presenza di un'ischemia emorragica probabilmente dovuta ad un evento ipertensivo (quindi un evento acuto particolamente grave, da trattare un po' più velocemente di un codice giallo), e che a mio padre era stato somministrato un diuretico per tentare di abbassare la pressione. Quando riesco a parlare con mio padre (ancora lucido, ma a cui cominciava a mancare la capacità di esprimersi) e a tranquillizzarlo della nostra presenza a fianco a lui, sono già passate 4 ore. Scopro con raccapriccio che nonostante il diuretico, nessuno ha pensato di mettere un catetere ad una persona che con ogni probabilità potrebbe avere, se non l'ha già, grossi problemi a muoversi, con le conseguenze che tutti possono immaginare, anche chi non è un medico. Protesto vibratamente con il personale paramedico presente, fino a che non interviene un medico di nostra conoscenza, che mosso a pietà fa mettere il catetere e ripulire la barella su cui mio padre è stato lasciato per tutto quel tempo. Passa ancora una mezz'ora, e comunque solo dopo un mio sollecito sempre più rabbioso, prima che mio padre venga trasferito dal corridoio del pronto soccorso nel reparto di neurologia, dove si scopre non esserci disponibilità di posti letto. Alle 16 circa viene trovato un posto in chirurgia del polso e del ginocchio (!), dove sempre su mia insistenza a seguito delle condizioni di mio padre visibilmente peggiorate, arriva un neurologo e si convince a far fare un'altra TAC, dove viene rilevato che l'emorragia s'è estesa in maniera irreparabile. Intorno alle 18 mio padre viene intubato perché le condizioni sono diventate così disperate da non garantire la respirazione autonoma. Purtroppo all'ospedale di Belcolle non ci sono posti liberi nemmeno in terapia intensiva, per cui dopo una lunga serie di telefonate, viene deciso il trasferimento di mio padre all'ospedale di Civita Castellana, unica struttura del Lazio a disporre di un posto libero in terapia intensiva. Voglio fare notare che l'ospedale di Civita Castellana è a rischio chiusura.
Mio padre arriva a Civita verso le 22, ormai privo di conoscenza (che non riprenderà più), in coma profondo e irreversibile: ovviamente io e mia madre ci precipitiamo, per quanto è possibile dalla viabilità disastrata della zona al di là dei Cimini, ma non essendo stati avvertiti di nulla, scopriamo all'arrivo che non possiamo vedere mio padre perché in terapia intensiva vigono dei regolamenti rigidissimi (giustissimi, ma bastava conoscerli) e come conclusione della giornata ci viene richiesta una lista di prodotti per l'igiene del paziente: parliamo di cose basilari, come sapone, lamette da barba, creme e cose di questo genere.
Vi lascio immaginare il resto del calvario, a cui è stata sottoposta soprattutto mia madre, per raggiungere Civita Castellana tutti i giorni, uno dei quali con condizioni meteo che una nazione civile a latitudini più critiche delle nostre affronta senza problemi per mesi interi, ma che da noi sono in grado di paralizzare l'intero paese. Vi accenno solamente, perché sono difficilmente immaginabili, i commenti di certi medici e certi infermieri sulla opportunità di visitare un malato in quelle condizioni, "tanto non c'è più niente da fare". E voglio invece tralasciare, per carità cristiana, quello che passa chi vede un proprio caro esposto in una camera mortuaria come quella di Civita Castellana.
Ribadisco, non parlo di un caso di mala sanità, ma di sanità disumana: la sanità pubblica non deve salvaguardare la salute dei cittadini, ma anche la dignità dei malati e dei famigliari, nella malattia e purtroppo soprattutto nella morte. Come in altri casi di minor gravità, ho dovuto purtroppo riscontrare che il buon funzionamento del meccanismo del soccorso e dell'assistenza sia dovuto soprattutto al volontariato e all'umanità delle singole persone con cui via via si viene a trattare: così in questo caso è stato per i VdS di Capodimonte, per alcuni medici ed infermieri che hanno mostrato una compassione e un'umanità che va oltre quello che loro compete. Per contro, ci sono state invece persone che hanno trattato mio padre (e gli altri malati che ho avuto purtroppo modo di vedere) come si tratta un pezzo uscito da una catena di montaggio di una fabbrica, o anche peggio, nel caso di lavoratori negligenti.
Concludo il discorso con un invito a riflettere su chi votare , alle prossime elezioni: chi pensa di gestire servizi sociali come la sanità (ma lo stesso discorso vale pari pari per l'istruzione e i trasporti) come si gestisce un ramo di azienda che deve produrre utili, mina seriamente la struttura del sistema paese.
Anche uno stupido capisce che un paese fatto di cittadini sani e ben istruiti funziona meglio: investire in sanità e istruzione significa investire sul futuro, ed è normale che tali settori non possano essere considerati come fonte di reddito, gli investimenti in salute pubblica, trasporti e istruzione saranno ripagati (ovviamente a lungo termine) in una migliore efficienza delle aziende private, e comunque del paese intero.
Purtroppo gli attuali governi, sia quelli centrali che quelli locali, schiacciati anche dalle cattive gestioni precedenti stanno facendo dei danni irreparabili al sistema paese, chiudendo ospedali a favore della sanità privata, tagliando spese non sempre inessenziali nella scuola, oppure tagliando nella costruzione di infrastrutture per i trasporti (vedi fondi tagliati per la conclusione della Orte-Civitavecchia).
In particolare nel Lazio, dove la Polverini ha promesso pesantissimi tagli sulla sanità che prevedono la dismissione di un numero considerevole di posti letto nelle strutture "periferiche", senza l'adeguata copertura delle strutture centrali. Se avessero chiuso già Civita Castellana, mio padre probabilmente sarebbe stato trasferito in un ospedale fuori regione con costi sociali che sarebbero gravati, più di quanto non l'abbiano fatto, esclusivamente sulla mia famiglia. Costi sociali che nessuno considera, quando prende le forbici e le usa sui bilanci. Per inciso, nella terapia intensiva, a fianco a mio padre, c'erano altri degenti altrettanto gravi: due venivano da Roma, uno da Siena e uno da Formia (!): posso solo immaginare le sofferenze e i disagi dei famigliari del paziente di Formia...

Ve lo dico con rabbia, non la stessa che sfocia nelle violenze delle manifestazioni degli ultimi giorni, che non sono MAI giustificate, ma una rabbia che nasce dal vedere i propri soldi, pagati in tasse sempre più pesanti alla faccia delle promesse a cui solo i gonzi possono credere, buttati al vento: attenzione a chi votate alle prossime elezioni.
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« Risposta #1 il: Dicembre 22, 2010, 16:51:22 »

Nel rinnovare a Maurizio e Gianni la mia vicinanza, sottolineo quanto è importante che ciascuno sappia riconoscere i segni, anche inizialmente deboli, di un sospetto attacco ischemico. Da vedere il filmato http://www.youtube.com/watch?v=YHzz2cXBlGk che spiega in lingua inglese i 3 aspetti da considerare, sempre separatamente:
* Face, l'aspetto del viso e dei muscoli facciali
* Arms, la capacità di muovere senza impedimenti entrambe le braccia
* Speech, la scioltezza del linguaggio e la proprietà dei meccanismi di comprensione
e quindi
* Time, la necessità di un ricovero immediato se anche una sola delle tre valutazioni è dubbia!

chiamato il 118
Aggiungo anche io un grazie per i colleghi di Capodimonte, l'ambulanza CRI della nostra delegazione era stata appena chiamata per un altro intervento.

Ciao,
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« Risposta #2 il: Dicembre 23, 2010, 10:27:42 »

  :smt021ho letto attentamente il post di ciocchetto. ebbene com mio disgusto ti dico che quello che per tua sfortuna ti e capitato  appartiene quasi a tutti noi """sto film a pellicola sbiadita""" allora cosa bisogna fare in questi casi! nel far west almeno li si girava con le c@@t appese ai pantaloni..............
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« Risposta #3 il: Dicembre 23, 2010, 10:52:32 »

Non serve ripensare a come è andata. Il medico di turno ha fatto la sua scelta "etica" della rianimazione, pur sapendo che non sarebbe servito; un altro medico avrebbe potuto fare un'altra scelta con uguale risultato. La nostra sanità (ma qui le scelte mediche non c'entrano più) sta piuttosto male e i segni non sono buoni per il futuro. Nell'Italia dell'anniversario della sua unità ancora oggi non è la stessa cosa ammalarsi a Viterbo o a Roma o a Milano, Bologna. Nè ammalarsi di sabato piuttosto che di lunedì. Malgrado questo, nostro padre faceva delle cure in linea coi protocolli (ma che hanno peggiorato la situazione nel caso specifico) e, per l'emorragia che ha avuto, anche se si fosse trovato in un centro di eccellenza avrebbe avuto la stessa sorte. A che serve ripensarci? SI può scegliere di vivere in un posto più efficiente, ma alla fine il destino non lo si può cambiare
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ciocchetto
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« Risposta #4 il: Dicembre 23, 2010, 12:26:46 »

Non serve ripensare a come è andata. Il medico di turno ha fatto la sua scelta "etica" della rianimazione, pur sapendo che non sarebbe servito; un altro medico avrebbe potuto fare un'altra scelta con uguale risultato. La nostra sanità (ma qui le scelte mediche non c'entrano più) sta piuttosto male e i segni non sono buoni per il futuro. Nell'Italia dell'anniversario della sua unità ancora oggi non è la stessa cosa ammalarsi a Viterbo o a Roma o a Milano, Bologna. Nè ammalarsi di sabato piuttosto che di lunedì. Malgrado questo, nostro padre faceva delle cure in linea coi protocolli (ma che hanno peggiorato la situazione nel caso specifico) e, per l'emorragia che ha avuto, anche se si fosse trovato in un centro di eccellenza avrebbe avuto la stessa sorte. A che serve ripensarci? SI può scegliere di vivere in un posto più efficiente, ma alla fine il destino non lo si può cambiare

Non intendevo discutere delle scelte del medico che l'ha intubato, io avrei fatto la stessa scelta. Sono tutte le altre piccole (piccole?) cose di contorno, tra cui l'indisponibilità di posti, la "disattenzione" di medici e infermieri al pronto soccorso, ecc.. ad avermi dato fastidio.
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« Risposta #5 il: Dicembre 23, 2010, 16:49:41 »

sulla indisponibilità dei posti... il nuovo atto aziendale propone la chiusura della rianimazione di civita. Ne deduco che rimane solo quella di Belcolle (penso che siano una decina di posti). Quindi nei prossimi mesi, altro che Civita per casi da rianimazione...
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