LE RAGIONI DI UNA PROTESTA
(8 ottobre 2011 - Manifestazione a Roma in Piazza Montecitorio contro gli Studi di Settore)
Nel nostro paese esiste uno strumento che ostacola, fino spesso a farle morire, piccole aziende, micro imprese, ditte individuali, artigianali o commerciali, nate dall’intraprendenza di persone coraggiose che hanno deciso di scommettere su loro stesse per ambizione, per passione, per raggiungere un determinato obiettivo o anche, e negli ultimi tempi sempre più spesso, per sopravvivere ad un mercato del lavoro asfittico che crea disoccupazione e precarietà. Il nome di questo strumento ammazza aziende è “ Studi di settore”: uno strumento che ha l’ambizione di stabilire quanto un’azienda debba guadagnare e, in base ad una complicata ed esoterica elaborazione matematica, decidere se ha evaso le tasse oppure no. Questo ragionamento è volutamente semplificativo perché effettivamente gli studi di settore hanno semplificato e alleggerito il lavoro dell’Agenzia delle Entrate che, in base a prospetti compilati dallo stesso contribuente assistito dal commercialista di turno, con un semplice click del mouse è in grado di stabilire se sei congruo o non congruo (cioè un potenziale evasore). Capita così che un’azienda in obiettiva difficoltà economica non essendo allineata ai parametri decisi a tavolino dai geni che hanno creato “Gerico”, il software legato agli studi di settore, si trovi ad essere considerata evasore. Tutto questo ha il duplice vantaggio di evitare lunghe ed elaborate visite della finanza per stabilire, in base ai dati raccolti in loco dalla contabilità dell’azienda, se ha evaso il fisco, e di dare al governo di turno la possibilità di fare cassa e annunciare incassi record sul prelievo fiscale, facendo pagare tasse, multe salatissime e interessi al presunto evasore prima ancora che questi riesca a dimostrare, attraverso i tre gradi di ricorso, la sua congruità, cioè il suo non essere evasore, ma semplicemente vittima della crisi economica. Il meccanismo perverso ed estorsivo si sviluppa in queste tappe:
1) L’Agenzia attraverso il famoso click stabilisce che non sei congruo e ti invita a dimostrare il contrario.
2) Ti affidi al tuo commercialista, l’unico che conosce esattamente la tua posizione, che porta tutti i documenti e le pezze giustificative dai quali risulta che la tua contabilità è regolare, ma purtroppo quell’anno non è andata bene, il fatturato è stato basso ma i costi sostenuti dall’azienda sono rimasti uguali o sono addirittura cresciuti, caso non peregrino. Questo purtroppo non è motivo sufficiente e l’Agenzia dopo aver proposto, bontà sua, una riduzione del preteso, per venirti incontro, ti chiede se ti vuoi adeguare pagando sanzioni ridotte. La quasi totalità dei commercialisti consigliano di adeguarti alle richieste dell’Agenzia per evitare di pagare le sanzioni massime. Molti accettano il consiglio del professionista, e così si trovano a pagare cifre che non sarebbero dovute. Se poi questo si ripete negli anni successivi si decide di chiudere l’attività e tentare qualcos’altro. Altri più coraggiosi non si arrendono perché non vogliono essere considerati ingiustamente evasori e decidono così di ricorrere alla commissione tributaria della loro provincia.
3) Da quel momento l’Agenzia delle Entrate in attesa che si riunisca la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) chiede al contribuente di anticipare il 50% delle imposte che, secondo lei, avrebbe evaso, in contrasto con quello che si continua a sbandierare sulla presunzione d’innocenza garantita dalla costituzione.
4) Se il ricorso alla CTP (1/3 dei ricorsi viene in media accettato) va male e hai ancora qualche risparmio, o qualcuno che ti fa credito, e un buon avvocato tributarista che ti possa seguire, tenti la strada della Commissione Tributaria Regionale (CTR). Questo comporta un ulteriore pagamento di un 25% delle imposte e le intere sanzioni che equivalgono normalmente all’importo totale delle imposte che l’Agenzia pretende da te.
5) Il ricorso alla CTR non è molto diverso al precedente, hai forse qualche possibilità in più che ti diano ragione (il 44% viene accolto). Ha in comune con il primo l’estremi brevità del contradditorio. In quei 15-30 minuti si decide spesso tutto il tuo futuro perché se ti va male oltre a pagare la restante quota di imposte dovrai aspettare almeno 5 anni prima che tu riesca ad avere un ricorso in Cassazione, l’ultimo grado che dovrebbe stabilire la tua effettiva colpevolezza, ma in tutto quel tempo, se non sei caduto in miseria, avrai già probabilmente pagato tutto quello che lo stato pretendeva da te. Se finalmente avrai ottenuto giustizia, lo Stato, con i suoi ritmi, ti rimborserà il dovuto altrimenti non ti resta che la Corte Europea, ma questa è un’altra storia.
Tutto questo per far conoscere la Via Crucis di chi incappa in questi famigerati e odiati “Studi di settore” che sono in netto contrasto con quanto dice la Costituzione. L’articolo 53 infatti recita: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Non è scritto “capacità presunta”.
Per questo molte persone oneste che non si sentono evasori, ma lo sono stati considerati ingiustamente, si sono incontrate su Facebook e hanno deciso di elevare il loro grido di protesta contro questa estorsione di Stato, tanto ingiusto con i piccoli imprenditori quanto magnanimo con i grandi evasori.
Ci incontreremo per una protesta pacifica, ma decisa, il giorno 8 ottobre in Piazza Montecitorio a Roma, potete seguire gli aggiornamenti della nostra protesta su Facebook a questi link
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