Si è sturata la vena e sono andate in corto le sinapsi. Questo è il frutto:
La storia di Silvio
Storia vera di un corvo veroAl corvo che è in ognuno di noi.
Mamma Corvo era felice. Quella mattina le due uova, deposte in una nicchia nelle mura di un antico castello, si erano rotte. Due esserini teneri e spennati la guardavano con occhi velati. Uno dei due era però più piccolo del normale. Mamma Corvo se ne accorse, e per farlo crescere sano e forte, pensò di imboccarlo per primo ad ogni pasto.
Il piccolo corvo imparò a spalancare il becco e a gracchiare forte prima del fratello, per la gioia della mamma che lo imboccava con amore.
Dopo un mese, allo spuntare delle prime penne, Mamma Corvo si rese conto che il suo figliolo prediletto era cresciuto a dismisura in larghezza e pochissimo in altezza, mentre l’altro era di media misura e sciupato. Decise di mettere il primo a dieta e di imboccare solo il fratello al pasto successivo. Lasciò il nido incustodito e andò a cercare del cibo. Il piccolo corvo, come tutti i piccoli di animale, era molto esuberante e si muoveva in continuazione.
Il fratello, che era stufo, approfittò dell’assenza della madre e lo spinse fuori dal nido a forza. Il piccolo corvo cadde, atterrò con un tonfo sordo, e si ruppe una zampa. Passò di lì un bambino che lo raccolse e lo portò dal nonno. Il nonno accolse il corvo come un figlio. Per prima cosa gli curò la zampa, steccandola con tanto di fasciatura, poi lo imboccò con un po’ di carne macinata. Il nonno si stupì dell’appetito del piccolo corvo, e scelse per lui il nome Silvio, che in lingua indigena significava “Colui Che Ha Sempre Ragione”.
La zampa, nonostante la steccatura, non guariva, e il nonno pensò di ingessargliela. L’ingessatura permise a Silvio di esplorare il suo piccolo mondo. Imparò a convivere con il suo handicap, e a relazionarsi con gli uomini. Come tutti gli animali in cattività, assunse atteggiamenti tipici degli umani, e reagì male.
Diventò geloso del nonno, e cominciò a fare dispetti a tutte le persone della famiglia. Al figlio fumatore spezzò tutte le sigarette con un solo colpo di becco. Alla nonna che puliva la Casa depositò escrementi ovunque. Al nipotino nascose i giocattoli sopra il tetto, ultima meta che aveva raggiunto durante le prove di volo.
Giunse il tempo di togliere l’ingessatura, e con sorpresa il nonno si accorse che Silvio era rimasto zoppo. Da bravo corvo tenace, l’animale si allenò a saltellare, anche se il dondolio era accentuato dal peso. Spesso cappottava. Intensificò le prove di volo e, poiché era diventato anche curioso, si spinse fin dentro la casa di un vicino che stava potando le rose. Atterrò con un rimbalzo nella camera da letto dove la moglie riposava. La donna si svegliò di soprassalto e cominciò ad urlare. Il marito corse subito, e, visto il corvo obeso, esclamò: << Ma è solo Silvio!!>>
Prese l’animale e lo restituì al nonno. Silvio continuò a crescere e diventò un corvo adulto. Le sue penne nere ora avevano riflessi azzurri, a volte verdi, e il suo becco si fece più forte e grande. Dagli umani apprese il vizio della colazione con il cornetto caldo e l’abitudine di fare il bagno con la barchetta nella vasca immaginando di stare in Sardegna.
Cercò anche di comunicare, ma emetteva suoni sgradevoli. Parlare come gli umani era difficile e non riusciva a coniugare il verbo “Consentire” in modo corretto. Era diventato anche aggressivo nei confronti degli altri volatili. Se un merlo entrava nel giardino del nonno, cominciava a gracchiare forte e lo scacciava a beccate. In realtà li invidiava perché potevano volare, mentre lui, sempre più grasso, proprio non ci riusciva. L’ossessione per il cibo lo aveva spinto anche a rubare, tanto che i vicini organizzarono un rapimento per mettere fine ai suoi metodici saccheggi. Un giorno, mentre rubava un pezzo di torta, due di loro lo catturarono e con una corda rossa gli legarono la zampa a un albero del bosco. Silvio si infuriò, e cominciò a beccare le corda come aveva fatto fare a un picchio in un documentario di Quark. Riuscì a liberarsi dopo due giorni e tornò a casa pieno di rancore. Riferì tutto al nonno, e da bravo bugiardo, non disse che i vicini lo avevano sorpreso a rubare. Il nonno era preoccupato per Silvio. Il comportamento del corvo era peggiorato e in Casa si lamentavano tutti di non essere liberi di lasciare la chiave della macchina sul tavolo. La macchina era l’ultima mania di Silvio. Aveva capito che non sarebbe mai riuscito a volare, e decise di ricorrere alla simulazione. Se vedeva una macchina parcheggiata, aspettava che il conducente salisse e, a motore acceso, piombava sul tettino. Quando la velocità cominciava ad aumentare, apriva le ali e si godeva l’ebbrezza di quel volo virtuale. Le persone si accorgevano della presenza di Silvio a metà percorso e lo riportavano indietro. La situazione peggiorò quando una mattina, a colazione, Silvio sentì il nonno dire alla nonna che sarebbe andato a trovare il fratello che viveva in un paese a parecchi chilometri di distanza. Silvio si appostò sul tettino della macchina in attesa del nonno che, non appena lo vide, lo prese e lo portò in giardino. Ma il corvo insisteva. Così il nonno decise di mettere Silvio in una gabbia appesa a un albero e partì. Silvio cominciò a gracchiare forte per la rabbia. Gli altri uccelli che spesso venivano scacciati dal giardino accorsero subito e, visto Silvio in gabbia per la prima volta, cominciarono a fare i versi al corvo. Alcuni prendevano i suoi oggetti, andavano sotto la gabbia e gli facevano le pernacchie. Altri entravano nella sua vasca personale e giocavano ad affondare la sua barchetta. Venne anche mamma piccione cui Silvio aveva mangiato i piccoli appena nati e si unì agli altri. Silvio gracchiò talmente tanto che gli uscì il sangue dal becco e meditò vendetta.
Il nonno tornò la sera e, richiamato dallo schiamazzo, entrò in giardino. La scena era apocalittica. Silvio perdeva sangue e schiuma dalla bocca e gli altri lo deridevano. Scacciò gli uccelli e liberò il corvo. Nel frattempo, passava la macchina dei vicini che andavano in vacanza in Tunisia. Con un piccolo volo atterrò sul tettino, e senza guardarsi indietro andò via…
Dove sarà Silvio? Tornerà mai? Cogitate, gente, cogitate.
COGITO.
P.S. Dopo questa, l’insulto è lecito. Ciao.